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Torino, ecco Vanoli: «Mio compito sarà mettere insieme vari strumenti senza stonare!»

Paolo Vanoli ha parlato in conferenza stampa durante la presentazione da nuovo allenatore del Torino. Le sue parole dalla sala stampa di Val Rendena, a Pinzolo.

CONFERENZA PAOLO VANOLI – Paolo Vanoli ha tenuto la conferenza stampa di presentazione con il Torino.

Qual è stato il primo impatto?

Il Toro rappresenta e ha scritto la storia più importante del mondo calcistico. Sono orgoglioso di poterlo rappresentare, è una bella responsabilità.

Sente la responsabilità di dover alzare l’asticella? E come cambierà il Toro con lei?

Ringrazio Juric, qui c’è una cultura del lavoro importante. Ogni allenatore ha la sua identità, voglio creare questo Toro seguendo la mia filosofia e le mie idee. Ci devo lavorare, so che dovrò lavorare tanto ma non mi spavento. E sono convinto di poterci arrivare. I giocatori che stiamo scegliendo è in funzione al mio stile di gioco. Obiettivi? Partono da un’identità, il mio primo obiettivo è essere concreti negli obiettivi. Questa prima parte mi serve per conoscere il gruppo e far capire ai giocatori cosa voglio.

Qual è la differenza principale tra lei e Juric?

Non sono abituato a confrontarmi con i colleghi. C’è una cultura del lavoro importante, ora i giocatori devono capire la mia filosofia di calcio che può essere diversa, altrimenti saremmo delle copie.

E’ al debutto in serie A: come vivrà le pressioni?

Noi dobbiamo cercare e vivere le pressioni per migliorare. La pressione è una cosa positiva, non negativa. Alzare l’asticella vuol dire cercare con fame questa cosa qui, la pressione fa parte di una mentalità vincente. Ed è ciò che voglio dai miei giocatori, cercare la perfezione, il dettaglio e sempre qualcosa in più per arrivare a un obiettivo. E’ un progetto di step.

Cos’è per lei il bel calcio?

Il calcio è la mia passione, a volte mi vergogno per ciò che faccio in campo. Ma voglio che il giocatore capisca le cose…Ho iniziato questo lavoro, mi ha appassionato di più l’allenatore che fare il calciatore: mi piacciono le sfide. In Russia mi sono trovato dopo un mese nel capitolo più brutto che dura ancora oggi, ho passato mesi difficili di gestione. Hai una responsabilità dei ragazzi e della società dove il mondo è cambiato. questa esperienza mi ha aiutato tanto. Mi piace coinvolgere il giocatore, deve venire al campo e capire il perché: se riesco a farglielo capire, ho già vinto un passaggio. Per me il calcio è passione. Sacchi mi disse: ‘Il calcio è un’orchestra dove tutti devono suonare la stessa sinfonia’. E ha ragione…E’ quello che deve essere il calcio, in tutte le sue fasi. Quella di Sacchi è una frase che mi ha aperto, un maestro deve mettere insieme tanti strumenti senza stonare.

Che calcio farà qui al Toro?

Quando conosci l’orchestra, capisci le sue qualità. In queste tre settimane sto cercando di capire quali strumenti ho a disposizione per dare la mia idea di calcio. Ma il maestro deve capire le caratteristiche per rendere il giocatore più performante possibile e metterle al servizio della squadra.

Come mai ha scelto Zapata?

Sono contento che i tifosi appoggino la scelta, ma non posso ascoltare i sondaggi….E’ arrivato il momento che si responsabilizzi, ha le caratteristiche per rappresentare questo club e i compagni. Ma all’interno di uno spogliatoio ci sono altri leader, anche se Duvan si è meritato la fascia.

Come sta Schuurs?

Gli ho detto di andare un po’ in vacanza, è giusto che lui riesca a staccarsi e a stare vicino alla sua famiglia. Quando rientrerà, affronteremo il suo percorso di guarigione. La società ne è al corrente, sono convinto che se avremo l’occasione di intervenire, interverremo.

Qual è la sua mentalità?

Mi avvicino molto ai valori del Toro: voglio che i giocatori rispecchino i valori del club. Si può sbagliare un passaggio, ma nell’atteggiamento dobbiamo diventare migliori. E’ facile dire che domani dobbiamo vincere, ma come si fa a vincere? E’ attraverso sacrificio, lavoro e una mentalità che non si compra al mercato, ma avviene dopo un processo.

Cosa l’ha convinta ad accettare il Toro? E come mai ha scelto di salire a Superga?

Sono un ex giocatore, tutti parlavano del Grande Torino e di un posto magico. Voglio sempre capire la storia del club dove lavoro, è stata la prima cosa che ho chiesto alla società per capire davvero cosa volesse dire Superga. E devo dire che quando sono arrivato mi ha trasferito una sensazione incredibile, con l’addetto stampa (Venera, ndr), che mi ha raccontato tante cose. La scelta del Toro è tanto per la storia e anche la capacità del presidente e del direttore di farmi sentire importante. Quando parli di Toro è qualcosa di magico: non bisogna mai dimenticare la storia.

Come giudica il gruppo? Cosa manca per entrare nella sua mentalità?

Si tratta di un processo…Devo avere pazienza, abbiamo iniziato da 15 giorni, e poi il calcio è qualitativo: non è solo con la palla, ma anche sapere cosa fare e pensare alle scelte giuste. E’ su questo che sto insistendo, la filosofia passa attraverso le ripetizioni. L’altro giorno qualche tifoso si è amareggiato per un’ora di ritardo sull’allenamento, ma in quell’ora ho fatto rivedere i video: è una cosa che aiuta il giocatore, su questo sono maniacale. La tecnologia è importante ed è giusto sfruttarla, chiedo scusa ai tifosi se li faccio aspettare ma questo processo è importante.

Come gestirà le aperture al Filadelfia?

Ringrazio i tifosi, mi hanno accolto in una maniera inaspettata e mi ha dato ulteriore carica. E mi hanno convinto ancora di più che sia stata la scelta giusta. Il Fila è la storia, il poter allenarci lì ha un significato importante e in futuro spero di poter regalare ai tifosi qualche giornata in più, poi bisogna capire tempi e modalità. E’ un’occasione per unire e diventare più forti: non posso prometterlo con continuità, ma farò il possibile perché anche i ragazzi devono capire che i tifosi sono una spinta in più.

Sul mercato parla più di caratteristiche o sui nomi?

Ho trovato una società organizzata, mi ha chiesto la mia filosofia e con Vagnati ho un bel rapporto: non dico che ci confrontiamo ogni cinque minuti, ma quasi…A lui chiedo caratteristiche tecniche e fisiche di ciò che cerco, poi lui ha dei profili e insieme facciamo la scelta. Non ho la presunzione di dire nomi, poi se escono nomi che conosco è ancora meglio perché so come lavora. Ed è uno degli aspetti più importanti: puoi conoscere le caratteristiche, ma devi sapere la sua professionalità. E c’è condivisione su tutto.

Quanto è stata importante la sua gavetta nei vari ruoli che ha ricoperto in carriera? E quale ruolo ha avuto Zoratto nella sua carriera?

Hai citato Zoratto, mi ha regalato tanto: Daniele è stato una persona al mio fianco all’inizio di un processo nel cambiamento da giocatore ad allenatore. Mi diceva sempre di contare fino a dieci, mi ha aiutato tanto a capire che l’ambizione e la pazienza mi avrebbero portato dove sono oggi. Sono orgoglioso della mia gavetta, questa possibilità al Toro me la sono meritata. E sono una persona ambiziosa. Nel mio percorso ho fatto di tutto, ho visto in secondo piano com’è composta una società: è per questo che le mie esperienze all’estero mi ha fatto fare un ultimo step, anche a capire cosa sia fare il manager. Sono cresciuto, con Vagnati devo gestire l’azienda del presidente e deve portare risultati. Il mio compito è anche unire, condividere per arrivare all’obiettivo. E’ come quando scelgo un collaboratore, so che anche io ho fatto errori e glieli anticipo per non farglieli commettere. Il mio sogno è finire il percorso in Nazionale: avendo fatto otto anni in azzurro, ho conosciuto i migliori giovani e mi piace lavorare con loro. E il mio desiderio, un domani, sarà chiudere il cerchio in Nazionale dopo il mio percorso.

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