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Nicola: «Cagliari, obiettivo continuità! Io mi adatterò ai giocatori»

Davide Nicola nel giorno della presentazione al Cagliari, in conferenza stampa si è presentato e parlato della nuova stagione, con riferimenti ovviamente anche al mercato. Insieme a lui, presente anche il Direttore Sportivo del club, Nereo Bonato.

CONFERENZA STAMPA PRESENTAZIONE NICOLA

Può raccontare le sue prime sensazioni?

Desidero ringraziare per l’accoglienza fantastica di ieri, da parte mia inaspettata. Mi ha dato subito la sensazione di come ci sia un senso di appartenenza e famiglia: persone che vengono accolte così, come me ieri, creano i presupposti per lavorare e trovare la giusta sinergia. È la cosa che a me preme come obiettivo: entro nella vostra storia in punta di piedi, come è giusto che sia, voglio contribuire ed è quello che mi ha mosso.

Che idea si è fatto del Cagliari?

Io di fatto non ho lasciato l’Empoli, ho accettato il Cagliari: è una sottigliezza importante. L’esperienza di Empoli è stata formativa, tanti allenatori sono passati da lì. Il desiderio di allenare il Cagliari era sempre latente, l’ho sempre avuto da tempo e da quando ho iniziato ad allenare. Uno si fa un’idea di chi si debba trovare a rappresentare, questa piazza l’ho sempre vista da fuori e ora ho voglia di vederla da dentro.

Com’è stata la trattativa per arrivare a Cagliari?

Questa trattativa è stata un po’ lunga perché le società sono molto serie. Le persone sono state rispettose dei valori di ognuno, questo pone ogni relazione col giusto piede di partenza. Ovviamente c’è stato un confronto, ci sono state delle manifestazioni di interesse e questo ha portato a far sì che mettendoci d’accordo ognuno prendesse la propria strada. Questo fa onore a tutte le parti in causa-

Nicola, ha parlato con Ranieri?

Ranieri è una persona prima di tutto, un allenatore che ha una carriera su cui non vanno fatti neanche confronti perché non avrebbe nessun senso. Ha una storia ineguagliabile come tutti noi, chiaramente noi ci siamo sentiti anche la settimana precedente che ci salvassimo con l’Empoli. Quello che mi ha scritto non solo è stato piacevole, ma anche un’eredità. Mi è sempre piaciuto come si poneva e questi sono valori fondamentali, mi piace prendere il testimone da un grande testimone.

Cosa può dire sul mercato?

Queste sono domande a cui rispondo volentieri, ma la priorità per me oggi è l’inizio degli allenamenti. Ho chiesto alla società di farmi conoscere i giocatori, è la cosa che più mi stimola: a parte Scuffet, che ho allenato a Udine, non ne ho avuti altri. Non vedo l’ora di capire quali siano le loro qualità e, assieme alla società, chi rientri nel progetto. Ma ho proprio voglia di conoscerli e, finché non li alleno, non posso fare valutazioni. Sono rimasti dei ruoli in sospeso con le partenze di Dossena e Nandez, la società sa di dover colmare quelle lacune. Da adesso avremo modo e tempo di fare le valutazioni per capire cosa ci serve.

Bonato, che idea si è fatto del Cagliari da fuori? Cosa le ha chiesto la società?

Credo che il Cagliari abbia dimostrato di avere una forte coesione all’interno del gruppo, questo è un valore da preservare e da coltivare. Ovviamente il mister Ranieri avrà fatto le sue valutazioni rispetto alle strategie per i giocatori a disposizione, tanto che il modo di giocare del Cagliari era molto diretto cercando di trovare la profondità e avere compattezza nei reparti, avendo un equilibrio in entrambe le fasi. Noi abbiamo le nostre caratteristiche e, d’accordo con la società, appena finite le valutazioni sui giocatori a disposizione faremo il possibile per l’arrivo dei nuovi già previsti. Aggiungo che in questo periodo, pur essendo sembrata lunga la trattativa, io e il direttore siamo rimasti sempre allineati. Le ipotesi le vedremo a breve, questo è compito del direttore e della società.

Si comincia con quattro partite in casa su cinque, è raro che accada.

Partiamo dal presupposto che giocare in casa, davanti alla nostra gente, è sempre motivo di orgoglio e di forza perché abbiamo modo di averli dietro. L’idea dev’essere una visione un po’ più ampia: l’identità dev’essere avere un rendimento che possa essere qualitativo sia in casa sia in trasferta. La continuità di prestazioni, che poi porta a una continuità di risultati, non può esserci solo in casa. Può essere vero che non accada di partire con così tante partite in casa, ma non mi soffermo sul calendario o l’avversario di turno. Bisogna essere pronti a prescindere dall’avversario e dalla possibilità di giocare in casa.

Che sensazione ha nell’essere in una piazza tante volte avversaria delle squadre di Nicola?

Il desiderio credo di averlo ampiamente espresso. In questo momento io sono immerso, è partita questa sfida e questa avventura che mi gratifica in modo incredibile. Non mi interessa fare tante parole, quanto entrare nel vostro tessuto e conoscervi capendo tutto quello che può andare nella direzione in cui si immedesimano i nostri tifosi. La prima priorità è mandare la nostra identità: non faccio mistero, a me piace un gioco aggressivo e dinamico. Non vedo l’ora di trovarmi a lottare per le partite: dobbiamo rappresentare un popolo dentro di noi, fondamentalmente è questo che mi muove.

Quanto Cagliari rappresenta l’occasione per diffondere il suo pensiero? Spesso si dice che con Nicola si facciano solo miracoli.

I miracoli io non li ho mai fatti. Credo ciecamente in quello che faccio, anche a costo di pagare dazio. Cerco di fare quello che sono e in cui credo, le etichette sono una situazione puramente giornalistica perché è compito della stampa valutare delle cose. A me interessa raggiungere obiettivi, rappresentare le persone e mostrare delle idee il campo. Alla fine io rimango orgoglioso di quello che riesco a fare, è quello che mi rende felice. Il resto penso sia solo un discorso di dedizione, perseveranza, lavoro e aggiungo anche entusiasmo, che è il motore di tutto. Questo ritengo sia un dono di Dio.

Che valore dà ai giovani? Darà uno sguardo alla Primavera nel ritiro?

Il rapporto che ho con le persone, che siano giovani o meno giovani non ha importanza. Ci sono delle qualità, a prescindere dall’età. È chiaro che un giocatore che ha già uno status alle spalle ha un’esperienza diversa, in determinati momenti può essere affidabile. Bisogna solo avere più pazienza coi giovani, poi io ho un grandissimo rapporto con le persone e con i giocatori che hanno qualità e soprattutto fame. Questo è fondamentale: se uno ha fame con me va già molto d’accordo.

Come ripartirà il Cagliari dopo la salvezza?

Penso che stabilizzarsi e mantenere la categoria sia già un miglioramento, se questo non è avvenuto prima. A parole è facile segnalare obiettivi che poi non si ha la forza di rendere pratici, ma l’ambizione è insita in ognuno di noi se si parla del Cagliari. Ma l’ambizione va contestualizzata: io posso avere gli occhi alle stelle e i piedi ben saldi per terra. Credo, altrettanto e non per ultimo, che la capacità di avere un pensiero unico e una linea unica da seguire, dove anziché una persona ce ne siano centinaia di migliaia che pensano la stessa cosa, sia un po’ più facile. Il secondo obiettivo è che la squadra possa esprimere un tipo di gioco nel quale la gente possa immedesimarsi e dire di dare tutto fino all’ultimo: lottare insieme è diverso.

Ci si può sbilanciare di più sugli obiettivi?

Assolutamente mantenere la categoria, senza gioire per averlo fatto. La salvezza diventa fondamentale, questo è un discorso che fanno squadre importanti come l’Atalanta che ha costruito il suo percorso con l’umiltà di sapere che non è facile per nessuno. Vuol dire avere oculatezza e tutto ciò che serve per dare continuità a una piazza del genere. Da parte nostra prima arriviamo alla salvezza meglio è.

Come vuole giocare il Cagliari di Nicola?

Credo che tutto risieda nella capacità e nell’identità che ogni squadra possiede. Ripeto questa parola perché per me è fondamentale: è ovvio che, nel campionato di Serie A, ci sono delle squadre che hanno umilmente più possibilità. Ma pur avendo meno qualità si può affrontarle lo stesso. Bisogna avere sempre lo stesso spirito in casa e fuori, secondo me è importante avere questo tipo di mentalità. Poi i risultati sono sempre figli di certe situazioni, ma per me è importante creare la mentalità.

Cosa si aspetta dalla sua esperienza a Cagliari?

Era un desiderio latente, una cosa che ho sempre avuto guardandovi da fuori. Mi avete sempre intrigato per molte cose, immaginate adesso che sono qui cosa posso provare. Il potere di immaginare una cosa e poi ottenerla è straordinario: io credo in questo, ecco perché nel primo periodo è fondamentale per me partire con i test dei giocatori. È qui che si costruisce e si inizia a costruire una relazione, poi farà la differenza. Se c’è un’organizzazione e fame è molto più probabile che tu possa raggiungere quello che desideri.

Il rapporto con Pisacane sarà un collante in più? Allena la Primavera ed è stato suo giocatore quando aveva denunciato un tentativo di combine.

Ritrovare Fabio è qualcosa di emozionante, anche da questo punto di vista. Intanto ti fa capire come vanno avanti gli anni, quindi vederlo adesso allenatore della Primavera credo che sia piacevole. Lui ha valori importantissimi, è una persona che stimo e non lo nascondo. Ci sarà tempo per confrontarci, ma quello che ha dimostrato è uno dei valori fondamentali. È la dimostrazione che la lealtà, attraverso chi si rappresenta e ciò che rappresenti, sia molto importante.

Che giudizio dà su Lapadula?

È chiaro che molte risposte diventa difficile darle adesso perché voglio conoscere il gruppo di lavoro. Poi, con schiettezza, si spiegheranno le decisioni. Farle prima non ha senso.

Ranieri aveva riproposto le amichevoli in giro per la Sardegna. Lo farà anche lei?

Sì. Vanno gestiti nei modi e nei tempi, lanciamo già un grande appello alle società limitrofe che inizino a lavorare sui campi.

Nicola, guardando il calendario ha già pensato allo stadio pieno?

Quando non alleno la metà del tempo la passo a immaginare a come alleno o alle situazioni che posso trovare. È un allenamento continuo, assolutamente. Io sono già entrato qua allo stadio senza la nostra gente, già vedere i seggiolini così vicini è tanto.

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