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Marotta denuncia: «Sistema politico non rispetta il calcio italiano!»

Giuseppe Marotta presidente Inter

Marotta, in collegamento video dal Festival dello Sport di Trento, dopo aver parlato del tema stadio in Italia, ha espresso la sua opinione in maniera specifica riguardo l’atteggiamento della politica italiana nei confronti del sistema calcio e dei club.

CALCIO SENZA POLITICA – Il presidente dell’Inter, Giuseppe Marotta, parla di assenza e disinteresse da parte della politica italiana nei confronti delle società di calcio in Italia: «Dobbiamo considerare in Italia il mondo del calcio come un fenomeno sociale rilevante, lo è anche dal punto di vista imprenditoriale. In quanto contribuenti dovremmo essere ascoltati dalla politica, la presenza di Claudio Lotico in quanto senatore, io dico che sento la mancanza della classe politica nel non trattarci come meriteremmo. Noi chiediamo un sistema legislativo che riconosca il sistema del calcio come un sistema legislativo. Qui subentrano degli aspetti a rischio perché il calcio di elite è fatto di società per azioni che devono rincorrere questo concetto di sostenibilità, verificando due o tre cose importantissime: la competitività che garantiscano incassi importanti. Noi per esempio abbiamo aumentato i ricavi in questi ultimi anni, ma due anni fa arrivando in finale di Champions League abbiamo incassato circa 100 milioni, ma questa è una dinamica variabile, non fissa. Nel momento in cui tu non vai in Champions League perdi tantissimo. La seconda è la valorizzazione di un asset come quello dello stadio nuovo. Dagli anni 70 ad oggi sono stati fatti forse 2-3 stadi e stop, gli altri sono stati al massimo ristrutturati. Questo è dovuto a una burocrazia che porta inevitabilmente a un rallentamento. Noi ci troviamo davanti a un sistema che non ci rispetta dal punto di vista politico».

Marotta chiama in causa la politica italiana per salvare il calcio italiano

NELLO SPECIFICO – Il presidente dell’Inter, Giuseppe Marotta, ha parlato nello specifico di cosa andrebbe modificato, facendo un paragone con l’esperienza alla Juventus: «Considerare un calciatore un lavoratore subordinato, e quindi un calciatore come Cristiano Ronaldo che aveva uno stipendio netto di 30 e al lordo 60, non penso che un dipendente normale in Italia possa guadagnare 60 milioni lordi. Questo significa che dal punto di vista gius-lavorista, il calciatore deve essere inquadrato in maniera diversa. È proprio lì che i costi sono maggiori, negli stipendi dei calciatori. Non capisco perché il calcio deve essere esente per sfruttare il Decreto Crescita. Questi sono alcuni fenomeni che porterebbero centinaia di milioni nelle casse dei club. I costi maggiori sono rappresentati dagli stipendi, ma noi come Inter, Milan, Roma, Atalanta e squadre che vanno nelle competizioni europee, se abbassi il costo o sei un fenomeno e allestisci delle squadre competitivi, o non partecipi alla suddivisione dei premi. Questi sono alcuni degli aspetti importanti che potremmo classifica come obiettivi da raggiungere».

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