Marotta sul calcio in crisi: «Servono innovazione e valori! Stadio tasto dolente!»
Giuseppe Marotta, Presidente dell’Inter, è intervenuto con una lungo commento di denuncia sulla crisi del calcio italiano. Non sono mancanti i suggerimenti per risolvere i diversi problemi.
PILASTRI – Giuseppe Marotta, ospite di TG2 Dossier, ha esordito dicendo: «È vero che l’essenza del gioco del calcio è sempre quella di giocare undici contro undici, le regole grosso modo son sempre le stesse. Però dal punto di vista formale, cioè nell’identificazione di quella che può essere una società di calcio, c’è stata una trasformazione. Da un fenomeno puramente sportivo a un fenomeno sociale e anche di business e industriale. Oggi il calcio non è praticabile gratuitamente, sono scomparsi i centri di reclutamento giovanili, gli oratori purtroppo hanno perso valore. Ci troviamo di fronte al fatto che i nostri figli per seguire questa disciplina sportiva devono pagare le famose rette. Questo è sbagliato perché bisogna che il sistema scolastico dia spazio ai nostri ragazzi. Perché lo sport è uno dei pilastri della vita dell’essere umano».
SIGNIFICATI – Giuseppe Marotta continua, suggerendo: «Come risolvere i problemi di questo calcio in crisi? Intanto essere innovativi, poi creare dei formatori, dei maestri. Degli allenatori e degli educatori che possano avere un dialogo continuo con i ragazzi per farli crescere non solo fisicamente ma anche umano, insegnando loro i veri significati dello sport: il senso di appartenenza, la cultura del lavoro, il concetto della sconfitta. Non sempre si può vincere ma bisogna essere capaci di attrarre anche dalla sconfitta degli insegnamenti positivi. La formazione, l’innovazione e la competenza: queste sono situazioni che aiutano a creare un modello vincente».
L’analisi di Marotta sul calcio italiano: come risolvere la crisi
CAMBIAMENTI – Giuseppe Marotta approfondisce: «È cambiato il concetto di evoluzione dei tempi. Lo sport è un po’ lo specchio della nostra nazione. La nostra nazione prima da un punto di vista economico ed imprenditoriale era sicuramente all’avanguardia, Quindi ogni città rappresentava un polo industriale di grande valore. Oggi sono venute meno le grandi industri e con esse anche i grandi imprenditori, sinonimo di mecenatismo. Le società di calcio erano spesso rette dai famosi industriali mecenati che garantivano la sopravvivenza degli sporti quasi come debito sociale verso la collettività nella quale avevano avuto grande successo. Oggi questo non c’è più, per cui il modello è diventato di business e ci dobbiamo reggere solo seguendo il progetto di sopravvivenza della sostenibilità».
SOSTENIBILITÀ – Giuseppe Marotta conclude affermando: «La grande differenza è in quello che i grandi campioni rappresentavano a livello di valori. Oggi siamo davanti a un calcio molto consumistico, con figure nuove di procuratori, agenti, agenzie, che vogliono far sì che il loro assistito sia soprattutto un oggetto commerciale. Spesso trasmettono le cose principali, cioè essere il rappresentante di un sistema che aiuta ed educa i ragazzi. Il calcio italiano è sostenibile? Dal punto di vista delle valorizzazioni credo che sia un po’ al massimo. Probabilmente ci sono due aspetti che potremmo ancora migliorare. La valorizzazione dei diritti televisivi, che va però di pari passo allo spettacolo che offriamo. E incrementare gli introiti dal match day cercando di ottimizzare la presenza di spettatori o di aziende all’interno dello stadio. Qui si apre davvero uno spiraglio negativo, legato alle strutture italiane che in Europa sono i fanalini di coda. Con uno stadio moderno, che garantisce ospitalità e sicurezza, chiaramente anche gli introiti dovrebbero aumentare».
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